TV, MEDIA E TUTTA LA SPAZZATURA DEL “CIRCO BARNUM” DELL’INFORMAZIONE “MAINSTREAM”

Tutti dicono di non guardare Sanremo, mentre l’auditel parla di milioni di spettatori. Che c’entra – vien da dire – direte – con l’informazione “mainstream”? C’entra eccome, essendo che questa ormai deteriorata kermesse canora (un tempo platea della canzone melodica o anche della semplice canzone o canzonetta popolare italiana, ora penosa cassa di risonanza delle più patetiche pulsioni politicamente corrette di uno Stivale alla deriva) è diventata ormai il grottesco specchio dei tempi. Basti pensare, per esempio, alle anteprima di questo specchio della “stupiditudine” nazional-popolare per allargare il discorso allo stucchevole dibattito collettivo sulla così detta emergenza sanitaria.
Per carità, nessuno scandalo, si è visto di tutto ormai su Rai-Set (essendo il moloch della tv pubblica un’unica, orrida melassa conforme). A questo giro sul palco della manifestazione Sanremese, accanto al burattinaio di turno, accampano, in nome di una ipocrita ripartizione di cencelliana memoria, rappresentanti di tutte le categorie che la “informatia” nazionale (e mondiale) pretende di tutelare a prescindere daI valore personale, dal credito professionale ed artistico, come meritevoli di presenza e “tutela”.
Non si sono per nulla risparmiati nell’uso del bilancino della “diversità” omologata. Accanto alle immancabili icone nazional-popolari come la Muti e l’amatriciana Ferilli, in 3 serate diverse ecco le co-conduttrici – e qui si dovrebbe già sentire il rullo dei tamburi -: Lorena Casarini, l’attrice di colore dal cognome Italiano per la casella “esempio di integrazione”; Maria Chiara Giannetta, profiler non vedente, per la “casella” disabilità; immancabile e imperdibile, il travestito Drusilla Foer, per la “casella” gender . Non manca proprio nessuno, anzi, forse si vedranno anche i due leocorni.
Ancor meno stupisce che lo stesso metro sia adottato dalla informazione mainstream per spacciare ridicoli siparietti apparentemente ospitanti tesi contrapposte, come esempio di paritaria democraticità. Non è una cosa nuova, sono anni che per giustificare la legittimità e giustezza delle tesi dominanti i signori dei media usano confrontarsi con la controparte, scegliendosi però come “sparring partner” di turno, improponibili macchiette dalla credibilità azzerata, che finiscono per delegittimare a priori tesi ed opinioni non diversamente confutabili, se non con lo svilimento ed il pubblico ludibrio.
Anni fa Nicola Porro, da apripista,su Rai2 mise in piedi un indegna gazzarra tra un virologo di fama e Red Ronnie sul tema vaccini/autismo; oggi l’alfiere della verità sull’ammiraglia del politicamente corretto La7, Massimo Giletti, avrebbe tentato di replicare un siparietto di pari indecenza tra Giuseppe Povia e il dottor Nino Cartabellotta sul Covid. Pare che il professore abbia rifiutato, risparmiando a tutti l’ennesima pagliacciata di regime per cui l’avversario ha dignità e diritto di tribuna solo se … la tesi “nemica” può venire ridicolizzata e derubricata a bizzarria di personaggi in cerca di ribalta
Informazione serie e indipendente? Citofonare: “ALTROVE”.

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